lunedì 5 dicembre 2016

Un Italicum su base regionale?

Nel commento al risultato del referendum, ho evidenziato che, per forza di cose, le riforme istituzionali rimangono d'attualità, essendo il sistema elettorale attualmente in vigore insoddisfacente, in special modo per quanto riguarda le profonde differenze tra la legge che regola l'elezione della Camera e quella che regola l'elezione del Senato.

Il Movimento 5 Stelle ha fatto sapere di essere favorevole a uniformare il sistema introducendo, al Senato, un Italicum su base regionale. Pare di capire che i grillini vogliano tornare ai premi di maggioranza regionali già sperimentati, con risultati disastrosi, al tempo del Porcellum. L'attribuzione di premi regionali servirebbe a conformarsi al testo costituzionale, che richiede per il Senato un'elezione su base regionale (la stessa motivazione addotta per il Porcellum nel 2005).

Ma oggi non siamo più nel 2005, e il meccanismo dei premi regionali è stato smontato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2014 che ha stabilito l'incostituzionalità del Porcellum: sentenza da molti citata, ma evidentemente letta da pochissimi. La Corte Costituzionale ravvisa nei premi regionali ben due vizi di costituzionalità; leggiamo infatti nel punto 4 del considerato in diritto:
queste norme, nell’attribuire in siffatto modo il premio della maggioranza assoluta, in ambito regionale, alla lista (o coalizione di liste) che abbia ottenuto semplicemente un numero maggiore di voti rispetto alle altre liste, in difetto del raggiungimento di una soglia minima, contengono una disciplina manifestamente irragionevole, che comprime la rappresentatività dell’assemblea parlamentare, attraverso la quale si esprime la sovranità popolare, in misura sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito (garantire la stabilità di governo e l’efficienza decisionale del sistema), incidendo anche sull’eguaglianza del voto, in violazione degli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, e 67 Cost. 

La violazione del principio di eguaglianza del voto a cui la sentenza fa riferimento riguarda il fatto che i cittadini lombardi, decidendo su un premio di maggioranza pari a 49 seggi, avevano un potere enormemente più grande dei cittadini abruzzesi, il cui voto determinava l'attribuzione di un premio pari a 4 seggi soltanto.

La sentenza continua:
Nella specie, il test di proporzionalità evidenzia, oltre al difetto di proporzionalità in senso stretto della disciplina censurata, anche l’inidoneità della stessa al raggiungimento dell’obiettivo perseguito, in modo più netto rispetto alla disciplina prevista per l’elezione della Camera dei deputati. Essa, infatti, stabilendo che l’attribuzione del premio di maggioranza è su scala regionale, produce l’effetto che la maggioranza in seno all’assemblea del Senato sia il risultato casuale di una somma di premi regionali, che può finire per rovesciare il risultato ottenuto dalle liste o coalizioni di liste su base nazionale, favorendo la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto nell’insieme sostanzialmente omogenea. Ciò rischia di compromettere sia il funzionamento della forma di governo parlamentare delineata dalla Costituzione repubblicana, nella quale il Governo deve avere la fiducia delle due Camere (art. 94, primo comma, Cost.), sia l’esercizio della funzione legislativa, che l’art. 70 Cost. attribuisce collettivamente alla Camera ed al Senato. In definitiva, rischia di vanificare il risultato che si intende conseguire con un’adeguata stabilità della maggioranza parlamentare e del governo. E benché tali profili costituiscano, in larga misura, l’oggetto di scelte politiche riservate al legislatore ordinario, questa Corte ha tuttavia il dovere di verificare se la disciplina legislativa violi manifestamente, come nella specie, i principi di proporzionalità e ragionevolezza e, pertanto, sia lesiva degli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, e 67 Cost.

Deve, pertanto, dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 533 del 1993. 

In aggiunta alla violazione dell'uguaglianza del voto, vi è inoltre la violazione del principio di ragionevolezza, dal momento che i premi di maggioranza regionali, tendendo ad elidersi gli uni con gli altri, finiscono spesso col produrre un risultato sostanzialmente casuale ed inidoneo a favorire la governabilità. Per cui non soltanto una tale disciplina deforma la proporzionalità nell'attribuzione dei seggi, ma lo fa senza alcun valido motivo.

Per queste ragioni, la proposta del Movimento 5 Stelle è inapprovabile. Uscire dal pantano in cui ci siamo cacciati non sarà facile.