lunedì 28 maggio 2018

Rumori di schianto nella Costituzione

L'evoluzione della crisi delle istituzioni italiane è giunta a un punto di non ritorno. Dopo la decisione di Mattarella di ieri (di cui pure  condivido le ragioni), il parlamentarismo italiano ha superato il punto di rottura. Senza dubbio i costituzionalisti discuteranno a lungo delle implicazioni del veto presidenziale a una linea di politica economica, incarnata nella figura di un ministro per il quale i partiti di maggioranza non hanno voluto proporre alternative.
In questo articolo (scritto in fretta e furia poco prima di prendere l'aereo, perdonatemi!) faccio un riassunto delle ragioni che ci hanno condotto in questa situazione che ha molte, moltissime ombre.

1) A chi spetta decidere chi sarà ministro?
Secondo la Costituzione, i ministri sono nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri. Pertanto, la decisione spetta congiuntamente a entrambi, mediante i due atti distinti di proposta e nomina.

2) Il Presidente del Consiglio può proporre chi vuole?
Sì. E' essenziale per il ruolo di capo del governo potere scegliere i propri collaboratori.

3) Il Presidente della Repubblica può rifiutare la nomina?
Sì. E' successo diverse volte anche in passato.

4) Cosa prevede la Costituzione nel caso in cui Quirinale e capo del governo non giungano a un accordo?
Niente. Ma prima d'ora non era mai successo.

5) Per quale ragione questa volta il contrasto è insanabile?
Quando in passato il Quirinale si è opposto a una certa nomina, il presidente del consiglio incaricato ha fatto una proposta alternativa che è stata accettata. In questo caso, Conte non ha fatto alcuna proposta alternativa alla nomina di Savona, pare su indicazione di Salvini.

6) Per quale ragione Salvini si è irrigidito sul nome di Savona?
La ragione per cui Salvini non fosse disponibile a nomi alternativi per il ministero dell'economia non è nota.

7) Per quale ragione Mattarella non ha accettato Savona?
Il Presidente della Repubblica ha rilasciato questa dichiarazione:
"La designazione del ministro dell'economia costituisce sempre un messaggio immediato di fiducia o di allarme per gli operatori economici e finanziari. Ho chiesto per quel ministero l'indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l'accordo di programma; un esponente che, al di là della stima e della considerazione per la persona, non sia visto come sostenitore di una linea più volte manifestata che potrebbe provocare probabilmente, o addirittura inevitabilmente, la fuoriuscita dell'Italia dall'euro."
Sulla base di questa dichiarazione, possiamo dire che non sarebbe stato sufficiente, per Conte, proporre un ministro alternativo, ma ne avrebbe dovuto proporre uno con un profilo politico completamente diverso.

8) La Costituzione impedisce la nomina di un ministro favorevole all'uscita dell'Italia dall'euro?
No, su questo punto la Costituzione tace.

9) Da quando il Presidente della Repubblica può agire per ragioni diverse da quelle di legittimità costituzionale?
In teoria non può. Anche se di presidenti che hanno interpretato il proprio ruolo in modo estensivo ce ne sono stati tanti, questa è la prima volta che un Presidente della Repubblica si oppone a una linea politica.

10) Ho sentito dire che, siccome la nomina dei ministri spetta al Quirinale, Mattarella ha semplicemente esercitato i propri poteri.
Questa lettura giustificazionista della decisione di Mattarella è estremamente pericolosa. Un domani potremmo trovarci con un Presidente della Repubblica che si oppone al programma della maggioranza parlamentare o che scioglie un Parlamento perfettamente funzionante soltanto perché quel giorno gli gira così.
Secondo la Costituzione, il Presidente del Consiglio è titolare della funzione di indirizzo politico e quindi il Presidente della Repubblica non può utilizzare i propri poteri per ostacolarla. I sistemi in cui il Presidente della Repubblica esercita anche funzioni politiche si chiamano repubbliche (semi-)presidenziali, mentre l'Italia è una repubblica parlamentare.

11) Quindi Mattarella ha sbagliato?
Ni. Mattarella, essendo convinto che la nomina di Savona ci avrebbe portati fuori dall'euro mettendo a rischio l'integrità dello stato, ha ritenuto che fosse suo dovere opporsi. Nel farlo, però, ha dilatato i poteri presidenziali a dismisura, utilizzandoli contro la maggioranza parlamentare.
Il problema è che, al momento, l'unico che ha titolo per stabilire se la situazione è tanto grave da richiedere l'utilizzo dei poteri di riserva del Presidente della Repubblica è il Presidente stesso. Dobbiamo quindi sperare che non ci capitino mai cattivi presidenti.

12) Ci sono gli estremi per l'incriminazione del Presidente della Repubblica?
Il Presidente della Repubblica può essere incriminato soltanto per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
La prima fattispecie si ha quando il presidente compia atti volti a porre lo stato italiano sotto un potere straniero. Qualcuno ha suggerito che Mattarella faccia gli interessi europei e non quelli italiani, ragion per cui sarebbe colpevole di alto tradimento, ma si tratta di un'accusa ridicola.
L'attentato alla Costituzione corrisponde ad atti che producono un mutamento dell'assetto istituzionale secondo un metodo diverso da quello consentito dalla Costituzione stessa. La tesi che Mattarella abbia sottratto alla maggioranza parlamentare una funzione che le è attribuita dalla Costituzione, è giuridicamente difendibile.

13) Quindi il Presidente della Repubblica potrebbe essere condannato per attentato alla Costituzione?
Se anche fosse incriminato, il collegio giudicante dovrebbe riconoscere che ha agito sulla spinta della necessità, dato che le conseguenze della nomina di Savona avrebbero davvero potuto essere disastrose.

14) Possiamo allora dire che va bene così: Mattarella ha ragione, Salvini e Di Maio hanno torto.
Non ho mai avuto dubbi che Salvini e Di Maio avessero torto, però non è piacevole che il funzionamento delle istituzioni si regga sull'uso fantasioso di poteri che il Presidente di una repubblica parlamentare non dovrebbe neanche avere.
In secondo luogo, stiamo facendo un clamoroso passo indietro nella maturità democratica delle nostre istituzioni: dopo tanti anni, continuiamo a reggerci sul fatto che, se gli elettori votano "male", ci sarà qualche potere non eletto che aggiusta le cose. Il rischio è quello di aggravare il distacco tra l'elettorato e poteri politici percepiti come autoreferenziali e bollati come casta.
E poi, cosa facciamo se le prossime elezioni fanno rivincere Di Maio e Salvini?

martedì 20 febbraio 2018

Il voto non è un sacrificio rituale

Negli anni '70 e '80, gli anni della spesa sregolata, hanno origine la maggior parte delle nostre disgrazie attuali; negli anni '90 ci si è messa una pezza, ammazzando però la competitività delle nostre imprese e condannando un'intera generazione al precariato; e le conseguenze degli anni 2000, che ci hanno regalato esperienze oggettivamente cattive come quelle del secondo Prodi (che si resse per due anni su un solo voto di maggioranza, riuscendo dunque a combinare ben poco) e di tre governi Berlusconi (conclusisi a un passo dal baratro nel 2011) le ricordiamo tutti.

Per dirla in breve, in Italia, di cattivi governi ne abbiamo avuti tanti. Per quanto si fosse governato male, però, non c'è mai stata una dissoluzione totale del sostegno al governo uscente.

La XVII legislatura, quella che si è appena conclusa, è arrivata al termine del quarantennio micidiale descritto poc'anzi. Pur dopo un inizio rocambolesco, si è poi consolidata sotto la guida del Pd, che ne riassume il bilancio in questo spot elettorale:


Propaganda, certo, ma nel senso buono del termine. Chi volesse fare un confronto serio con il quarantennio precedente, non potrebbe negare, a meno di arrampicarsi sui vetri, che stavolta si è fatto meglio. Paradossalmente, però, l'accanimento nei confronti del Pd che ha retto le sorti di questa positiva legislatura è qualcosa di mai sperimentato. E non manca chi rovescia la logica: se il Pd è così criticato e perderà le elezioni, vuol dire che ha governato male, e per rivotarlo bisogna "turarsi il naso".

Non fatevi fregare: il voto, il giudizio su una legislatura, di rado è razionale e molto più spesso è umorale. Decisamente umorale e irrazionale è l'analisi di Luca Sofri che, alla ricerca di una ragione per non votare Pd, la trova così:

C’è infatti un’altra possibile motivazione nella scelta di voto di cui penso valga la pena tenere conto, e che ha maggiore nobiltà e lungimiranza di quelle descritte: e ne ha almeno quanto quella principale di dare al paese un miglior parlamento e un miglior governo, domani. Ed è quella di darglielo dopodomani.

L'affermazione sopra riportata è espressa con banalità e noncuranza, per farla apparire ovvia, ma in realtà è un nonsenso. Non c'è infatti ragione di credere che, rifiutando di dare al paese un miglior parlamento domani, riusciremo a dargliene uno ancora migliore dopodomani. Forse Sofri si ispira ai sacrifici rituali degli antichi, che credevano che l'agonia della vittima placasse il dio ostile e lo rendesse magnanimo. Pensiero magico, insomma, non razionalità.


Continua Sofri:

sono decenni che scelte che non sono solo opinabili, ma del tutto assurde e prive di valore e logica, vengono compiute e affibbiate agli elettori per poi chiedere loro di avallarle “perché se no vincono gli altri”.

L'oggetto di tanta rabbia sono le liste elettorali. Ci sono buone ragioni per ritenere che alcuni candidati del Pd non siano validi, così come altri sono invece molto validi, ma se sono decenni che le liste sono imperfette, perché dovremmo riservare un trattamento peggiore che in passato proprio all'esperienza politica migliore dei tempi recenti? Il 4 marzo non si fanno i conti con decenni di cattive liste elettorali: si dà invece il giudizio su una legislatura che ha realizzato tanto, ed è venuta dopo decenni di vacche magre.

C'è chi dice che se puniamo chi ha reso possibile questa legislatura, ne avremo una ancora migliore. Invece, tutto lascia pensare che ne avremo una molto peggiore. Caro Luca, se rinunciamo a dare al paese il miglior parlamento possibile, quando si rivoterà saremo molto più disperati, e quindi molto più disponibili a "turarci il naso" anche di fronte ad un'offerta politica peggiore di quella attuale. Contrariamente a quello che dici, non è antidemocratico richiamare gli elettori alle proprie responsabilità: democrazia significa potere del popolo, e il potere è responsabilità.