lunedì 21 marzo 2016

Le ragioni del Sì/2

Oggi, in una discussione virtuale sulle riforme istituzionali, mentre elogiavo la stabilità di governo come bene di rilevanza costituzionale (come riconosciuto dalla Consulta) mi è stata posta una questione che giudico sorprendente:
non capisco perche' per te una crisi di governo sia un evento drammatico
Senz'altro "drammatico" è una parola molto carica, che va usata con giudizio per indicare avvenimenti che hanno un impatto devastante sulla vita delle persone, come perdere il lavoro, o dover chiudere un'impresa. Se poi guardiamo fuori dall'Italia, in Medio Oriente, o in Libia, vediamo ogni giorno drammi che riducono le nostre difficoltà domestiche a piccolezze senza importanza.

Detto questo, ho diverse ragioni per sostenere che crisi di governo troppo frequenti siano una patologia del nostro sistema istituzionale.

  1. Per prendere decisioni lungimiranti, i governi hanno bisogno di un respiro più lungo. Un governo dall'equilibrio precario non può avere la forza di prendere decisioni coraggiose: dobbiamo entrare nell'ordine di idee che le crisi di governo a metà legislatura dovrebbero essere un evento del tutto eccezionale, come in Regno Unito, in Germania o in Spagna.
  2. Le crisi di governo impediscono la trasmissione della volontà popolare dal voto al programma di governo. I cittadini italiani vogliono che il loro voto sia determinante nella formazione del governo e nello stabilire quale saranno le sue priorità e il suo programma: se il governo cade ogni due per tre e viene ricomposto in Parlamento mediante alleanze mutevoli, i cittadini non hanno modo di esprimere il loro punto di vista. 
  3. La terza ragione riguarda la rendicontabilità o accountability: in una democrazia consociativa, consensuale, in cui tutti partecipano alla spartizione del potere, è difficile stabilire a chi va attribuita la responsabilità politica, sia per quanto riguarda i successi, sia per quanto riguarda gli insuccessi. In Italia questo si è tradotto in un'arte dello scaricabarile che ha francamente stancato. 
  4. Molti nelle crisi di governo vedono soltanto la sconfitta di un capo politico (sconfitta mai definitiva, in ogni caso, dato che proprio la frequenza delle crisi di governo fornisce molte occasioni di tornare al potere), ma questo non è l'unico aspetto, e certamente non è l'aspetto più importante. Una crisi di governo è soprattutto il fallimento, traumatico, di un programma politico. Pensate a quante buone intenzioni, approvate dagli elettori, sono state vanificate dalla troppa facilità con cui è possibile far traballare un governo. E così, i governi pensano come prima cosa a tirare a campare e il patto tra elettori ed eletti perde ogni valore.
Oggi siamo assuefatti alle crisi di governo: ne abbiamo viste così tante alcuni ritengono che un governo troppo stabile sia poco democratico. Noi la vediamo diversamente: i governi dovranno cambiare meno spesso che in passato, ma quando si verifica un cambio di maggioranza, voluto dagli elettori, deve corrispondere un percepibile cambio nell'indirizzo politico.

Le ragioni del Sì/1

Sul sito Terni in Rete trovate una videointervista al costituzionalista Stefano Ceccanti sulle ragioni per votare Sì al referendum costituzionale. Secondo Ceccanti, votando Sì sarà finalmente possibile decidere di attribuire a una sola camera il potere di dare e togliere la fiducia al Governo. Qualora approvata, la riforma consentirà inoltre di superare il conflitto Stato-Regioni (che da anni affligge la Corte Costituzionale) responsabilizzando le autonomie a livello nazionale mediante la partecipazione alla seconda camera parlamentare.

Anche se "non c'è mai una bacchetta magica che risolve tutti i problemi", la riforma rappresenta un "un passo avanti decisivo" in quanto viene meno il rischio di un Parlamento che non riesca a dare vita a un governo, come capitato tre anni fa.

Dopo il referendum, alcune parti della riforma entreranno immediatamente in vigore (come la chiusura dell'inutile CNEL); le parti restanti entreranno in vigore nel 2018, dopo alcuni adempimenti necessari quali l'aggiornarmento dei regolamenti parlamentari e l'approvazione della legge elettorale per il nuovo Senato.