La riforma 2016 in dettaglio

In questo articolo, che è il primo di una serie, elencheremo i contenuti della riforma costituzionale Renzi-Boschi, menzionando anche quelle cose che avrebbero potuto esserci, e però si è scelto (a nostro avviso saggiamente) di non mettere.

Questo articolo vale come sommario: in futuro entreremo maggiormente nei dettagli, anche allo scopo di spiegare perché sono state scelte certe soluzioni invece di altre.

Riforma Renzi-Boschi: cosa c'è, cosa manca

La riforma affronta alcuni temi che sono stati oggetto di dibattito politico per vari decenni (per essere precisi, da almeno 35 anni; ma in una forma o nell'altra, si può dire che sul bicameralismo il dibattito costituzionale dal 1946 a oggi non è mai cessato):
  1. superamento del bicameralismo indifferenziato
  2. revisione del riparto di competenze Stato-Regioni (il cosiddetto Titolo V)
Entrano nella riforma anche i seguenti temi, secondari ma comunque importanti:
  1. revisione della decretazione d'urgenza e dell'iniziativa governativa delle leggi
  2. rafforzamento delle garanzie
  3. istituti di democrazia diretta
Sul fronte della riduzione dei costi (secondario in una riforma costituzionale, ma importante dal punto di vista della gran parte dell'opinione pubblica) aggiungiamo:
  1. abolizione e liquidazione del CNEL
  2. abolizione delle province come ente costituzionalmente necessario
  3. riduzione del numero di parlamentari
Non entra invece nella riforma un punto che era stato oggetto di revisione in entrambe le riforme abortite del 1997 e del 2005:
Entreremo ora un po' nel dettaglio delle singole innovazioni, rimandando una trattazione più approfondita ad ulteriori articoli.

1. Superamento del bicameralismo paritario

Soltanto in Italia, e in nessun altro paese del mondo, le due camere hanno esattamente le stesse funzioni e gli stessi poteri, incluso il doppio rapporto di fiducia con il Governo. Preciserò meglio questa affermazione, corretta, in un articolo successivo. La riforma modifica le competenze del Senato trasformandolo in "camera territoriale", dotata quindi di un ruolo minore relativamente alla formazione delle leggi e al controllo del Governo, ma di nuove importanti funzioni complementari. Conseguentemente, i senatori sono anche eletti in maniera diversa.

Funzioni del Senato

Il nuovo Senato rappresenta le istituzioni territoriali (principalmente le Regioni e i Comuni) e svolge una funzione di coordinamento: tra i diversi territori, tra i territori e lo Stato, e tra i territori, lo Stato, e l'Unione Europea. Possiede alcuni poteri di controllo e di indagine nei confronti dell'attività delle amministrazioni pubbliche, delle nomine dei funzionari dello Stato, dell'attuazione delle leggi dello Stato, e degli effetti locali delle politiche europee.

Il nuovo Senato perde il potere di dare e togliere la fiducia al Governo, di dichiarare lo stato di guerra, e anche la competenza paritaria nella formazione della maggior parte delle leggi.

Composizione del Senato

Date le funzioni di camera territoriale, il nuovo Senato è eletto su base regionale (davvero, non per finta come oggi).
I 95 senatori eletti sono ripartiti tra le 21 Regioni d'Italia in modo degressivamente proporzionale alla popolazione di ciascuna di esse.
Un senatore per Regione deve essere eletto tra i sindaci della Regione stessa. Gli altri, tra i consiglieri regionali.
Anche se formalmente i senatori saranno eletti dai Consigli Regionali, essi saranno tenuti a rispettare le indicazioni date dai cittadini all'elezione del Consiglio Regionale (in modo simile a ciò che accade per l'elezione del Presidente degli USA, che formalmente è delegata ma di fatto è diretta).

Altri 5 senatori possono essere nominati per 7 anni (non rinnovabili) dal Presidente della Repubblica.
Gli ex Presidenti della Repubblica sono senatori di diritto e a vita come oggi.

Si scende dunque, al netto dei senatori nominati e di diritto, da 315 a 95 senatori. Questi senatori, essendo già consiglieri regionali o sindaci, non ricevono un'indennità ulteriore.

Procedimenti legislativi

Lo stesso argomento in maggior dettaglio: procedimenti legislativi

La maggior parte delle leggi (all'incirca il 95-97%) sono approvate dalla Camera dei Deputati, anche se il Senato mantiene il potere -- ma non l'obbligo -- di richiamarle per formulare entro un mese proposte di emendamento su cui poi la Camera si pronuncia in via definitiva in seconda lettura. Per le leggi ordinarie, è dunque abolita la cosiddetta "navetta".

La riforma individua un gruppo ristretto di leggi (e non di materie, per limitare il contenzioso innanzi alla Corte Costituzionale) che devono essere come oggi approvate da entrambe le Camere: si intende che queste leggi, che in gran parte riguardano l'ordinamento dei territori, i rapporti con l'Unione Europea, o il Senato stesso, per la loro particolare natura "di garanzia" abbiano bisogno di un procedimento aggravato. Le leggi bicamerali sono:
  • le leggi che attuano i referendum popolari e le altre forme di consultazione della popolazione o delle parti sociali previste dalla Costituzione
  • le seguenti leggi riguardanti Comuni, Città Metropolitane e Roma Capitale: ordinamento, elezioni, organi, funzioni, patrimonio
  • le seguenti leggi riguardanti le Regioni: legge elettorale quadro, variazione dei confini, concessione di autonomia ulteriore, partecipazione ad atti dell'Unione Europea, potere sostitutivo dello Stato, accordi con stati ed enti territoriali stranieri
  • le leggi sugli enti locali in dissesto che normano la decadenza degli amministratori e il potere sostitutivo dello Stato
  • le seguenti leggi riguardanti il Senato della Repubblica: elezioni, ineleggibilità e incompatibilità
  • le leggi di ratifica dei trattati relativi all'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea e la legge ordinamentale che regola la partecipazione del nostro paese alle politiche europee
  • la legge di attuazione della tutela delle minoranze linguistiche
  • le leggi costituzionali (per cui rimane altresì la doppia deliberazione e il referendum confermativo eventuale)
Le leggi bicamerali rappresentano il 3-5% dell'attuale produzione legislativa.

2. Revisione del Titolo V

Il Titolo V stabilisce l'ordinamento degli enti locali e in particolare quello delle Regioni. Dopo la riforma del 2001, le Regioni godono di un'autonomia legislativa che da molti è stata giudicata eccessiva e fonte di sprechi. Inoltre la ripartizione delle materie di competenza statale, e in particolare quella "concorrente" (cioè quelle materie per cui lo Stato emana una legge quadro e le Regioni delle leggi attuative) è considerata nebulosa e ha prodotto un contenzioso costituzionale molto dannoso.

La riforma Renzi-Boschi elimina le competenze concorrenti, la maggior parte delle quali vengono riassegnate allo Stato (ad esempio le grandi reti nazionali di trasporto, o quelle di distribuzione dell'energia). Viene inoltre introdotta una "clausola di supremazia" che consente allo Stato di invadere le competenze delle regioni allo scopo di preservare l'unità giuridica ed economica della repubblica, purché la legge sia approvata superando il quorum della maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei Deputati.

Le regioni in regola con il proprio bilancio potranno però richiedere allo Stato (mediante il nuovo Senato territoriale) di conferire loro ulteriori forme di autonomia.

Viene inoltre stabilito che i gruppi consiliari regionali non hanno diritto a rimborsi, e che l'indennità dei consiglieri non può superare quella del sindaco del comune capoluogo. Il che è una notevole riduzione di stipendio.

3. Iniziativa legislativa del Governo

La riforma rivede il rapporto tra Governo e Parlamento relativamente all'iniziativa legislativa, con l'obiettivo di limitare il ricorso alla decretazione d'urgenza e alla questione di fiducia:

  • il Governo può chiedere alla Camera dei Deputati che un certo ddl, essenziale per l'attuazione del programma di governo, sia discusso con priorità e votato entro 70--85 giorni (la Camera non è costretta ad accettare)
  • vengono costituzionalizzati i limiti alla decretazione d'urgenza stabiliti dalla Legge 400/1988

Viene inoltre stabilito che se il Presidente della Repubblica decide di rinviare la legge di conversione di un decreto alle camere, i termini di decadenza del decreto siano posticipati di trenta giorni: ciò in quanto si ritiene che oggi il Presidente non si senta libero di utilizzare il potere di rinvio quando esso potrebbe causare la decadenza del decreto.

4. Rafforzamento delle garanzie

La Costituzione del 1947 è stata scritta avendo in mente una legge elettorale proporzionale: per questa ragione, il Governo è spesso in grado di vincere fin troppo facilmente certe votazioni "di garanzia". Con la riforma:

  • per eleggere il Presidente della Repubblica diventa necessario almeno il 60%+1 dei votanti del Parlamento in seduta comune (mentre oggi è sufficiente il 50%+1 dei componenti: ciò che ha consentito, nel 2006, l'elezione di Napolitano a stretta maggioranza)
  • dei cinque giudici costituzionali di nomina parlamentare, la Camera dei Deputati ne esprime soltanto tre; i restanti due giudici saranno eletti dal Senato, che non è sotto il controllo della maggioranza di Governo (oggi sono eletti tutti e cinque dal Parlamento in seduta comune); il quorum rimane quello del 60%+1 dei componenti
  • per dichiarare lo stato di guerra, diviene  necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei Deputati (oggi è sufficiente quella dei votanti, seppure di entrambe le camere).

Inoltre, viene introdotto il controllo di costituzionalità preventivo delle leggi elettorali nazionali. Una norma transitoria disciplina il controllo di costituzionalità della legge per l'elezione della Camera dei Deputati attualmente in vigore (Italicum).

5. Democrazia diretta

  • i ddl di iniziativa popolare devono essere richiesti da 150.000 elettori (mentre oggi ne bastano 50.000), ma il Parlamento deve garantire la discussione e la deliberazione entro tempi certi (oggi, metà delle iniziative popolari cade nel vuoto -- e nessuna viene approvata)
  • per i referendum abrogativi, invece, continuano a servire 500.000 firme; ma se il comitato promotore riesce a raccoglierne 800.000, allora il quorum scende dal 50%+1 degli elettori alla maggioranza assoluta dei votanti alle ultime elezioni politiche (cioè, oggi, il 37,6%)
  • sono istituiti i referendum propositivi e d'indirizzo, che andranno però attuati da una legge costituzionale

6. Abolizione del CNEL

Il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro è un organo di rilievo costituzionale che nelle intenzioni del legislatore costituente doveva permettere alle parti sociali di esercitare una funzione consultiva e di iniziativa legislativa. Per certi versi è l'estremo discendente del Consiglio Nazionale delle Corporazioni del periodo fascista; ma più correttamente deve essere considerato un elemento vestigiale, un relitto del "Senato" corporativo proposto dalla Democrazia Cristiana nelle prime bozze della Costituzione, che fu poi sostituito dall'attuale Senato paritario.

Proprio come le strutture vestigiali biologiche, il CNEL è il residuo di qualcosa che ha perso ogni funzione e oggi nessuno sa dire a cosa serva. La riforma costituzionale lo elimina (con qualche risparmio economico) e nessuno lo rimpiangerebbe, tranne forse i suoi componenti.

7. Abolizione delle Province

Si è parlato molto di abolizione delle province. Ad oggi, esse non sono ancora state abolite, ma soltanto molto ridimensionate, perché sono previste dalla Costituzione. La riforma Renzi-Boschi rimuove dalla Costituzione ogni menzione delle province, e questo consentirà alla legge dello Stato o delle Regioni di eliminarle o sostituirle con strutture più leggere e flessibili.

8. Riduzione del numero dei parlamentari

Oggi l'Italia è uno dei paesi con il peggior rapporto tra abitanti e numero di parlamentari. In Europa, soltanto il Regno Unito è meno efficiente di noi, soprattutto a causa delle infornate di Lord.


parlamentari abitanti/parlamentari
Germania 699 116.983
Spagna 616 75.362
Francia 925 72.147
Italia95163.792
Regno Unito 1447 44.997

Dopo la riforma, con la riduzione del numero dei senatori, il rapporto tra abitanti e parlamentari sale a 82.990, facendoci scalare la classifica:


parlamentari abitanti/parlamentari
Germania 699 116.983
Italia73182.990
Spagna 616 75.362
Francia 925 72.147
Regno Unito 1447 44.997

La riduzione dei parlamentari, però non va a discapito della rappresentatività popolare, dal momento che vengono eliminati soltanto senatori, che nella riforma non rappresentano più i cittadini e hanno poteri limitati. Lo stesso non si può dire altre proposte, che prevedono ad esempio una riduzione sia dei deputati che dei senatori, insieme a un ruolo nettamente più centrale del Senato: in quel caso, le stesse funzioni di rappresentanza dei cittadini di oggi dovrebbero essere svolte da un minor numero di persone, intaccando dunque la rappresentatività.

La forma di governo non cambia

Per approfondire (in inglese): semi-presidenzialismo e premierato 

A differenza della terza bicamerale D'Alema (che intendeva introdurre il semi-presidenzialismo) e della riforma Berlusconi della parte II della Costituzione (che voleva transformare il nostro sistema parlamentare in premierato o semi-parlamentarismo), la riforma Renzi-Boschi ha scelto di non toccare il punto sensibile della forma di governo, su cui le esperienze precedenti si sono infrante a causa di forti tensioni su quale fosse il modello migliore. Non importa di che colore sia il gatto, ma che prenda i topi. Non importa che la forma di governo sia parlamentarismo, semi-presidenzialismo, o premierato, non occorre attribuire superpoteri al capo del governo, purché ci sia governabilità.

Conclusioni

Abbiamo elencato le otto innovazioni della riforma costituzionale, secondo quello che riteniamo essere l'ordine decrescente di importanza. Alcuni sostengono che otto diversi interventi in una sola riforma costituzionale siano troppi. E' vero, questa è una riforma abbastanza ampia (anche se pur sempre meno ampia dei due tentativi precedenti), ma il numero grezzo è bugiardo: 6 modifiche su 8 riguardano questioni puntuali e di buon senso, su cui è difficile dissentire, o perlomeno dissentire in modo aspro. Si sarebbero potuti togliere i punti dal 3 all'8 e la riforma costituzionale avrebbe avuto comunque senso: ma perché perdere l'occasione per abbassare il quorum dei referendum o ridurre il numero di parlamentari?

Il succo della riforma riguarda invece il superamento del bicameralismo paritario e la revisione del riparto di competenze Stato-Regioni. E' su questi due punti, peraltro intimamente legati, che si gioca tutta la partita. Ne parleremo nei prossimi articoli.