Legge per il Senato 1948-1993

La prima legge elettorale per il Senato della Repubblica fu approvata dall'Assemblea Costituente nel 1948. Per comprenderne il funzionamento, è necessario ricordare il dibattito sulla natura del Senato nel biennio 1946-47: inizialmente l'Assemblea Costituente raggiunse un accordo di massima secondo cui, mentre la Camera dei Deputati sarebbe stata espressione della volontà dei cittadini, il Senato avrebbe dovuto rappresentare le istanze delle formazioni sociali e delle regioni. Giunto il momento di concretizzare questa proposta nel testo costituzionale, per mezzo dell'elezione indiretta o parzialmente indiretta dei senatori, l'Assemblea non trovò un accordo: la rappresentanza delle formazioni sociali fu stralciata, e quella delle regioni rimase soltanto nella previsione dell'art. 57 che il Senato debba essere eletto "a base regionale" (il che non serve affatto a rappresentare meglio le istanze territoriali, ma complica inutilmente la vita a chi voglia progettare una legge elettorale che faciliti la governabilità nazionale).

Il superamento di questo "Senato delle regioni" ante litteram avvenne mediante un passaggio determinante noto come ordine del giorno Nitti-Togliatti: liberali e comunisti si trovarono d'accordo nello stabilire che la rappresentanza dei territori avrebbe potuto essere garantita non dall'elezione indiretta, ma dalla formula elettorale uninominale maggioritaria. La differenziazione tra Camera e Senato sarebbe dunque stata garantita in quanto la prima sarebbe stata eletta con il sistema proporzionale.

"L'Assemblea costituente afferma che il Senato sarà eletto con suffragio universale e diretto, con il sistema del collegio uninominale."
(testo dell'ordine del giorno Nitti-Togliatti)

L'Assemblea Costituente non volle formalizzare l'uninominale in un articolo della Costituzione: da un lato non si voleva che il sistema elettorale prescelto rappresentasse un vincolo per tutte le legislature successive; dall'altro, i costituenti dimostrarono di ritenere quell'impegno ininfluente anche per sé stessi. Quando infatti, approvata la Costituzione, arrivò il momento di metterlo in pratica, da un accordo Togliatti-Dossetti scaturì la prima legge elettorale del Senato (legge del 6 febbraio 1948 n. 29). La legge salvava il principio stabilito dall'ordine del giorno Nitti tratteggiando un sistema uninominale soltanto di nome: in ciascun collegio, infatti, sarebbe stato eletto soltanto il candidato che avesse raggiunto la soglia elevatissima del 65% dei voti validi.

I seggi non assegnati con il sistema uninominale maggioritario a causa del mancato raggiungimento del quorum -- di fatto, quasi tutti -- sarebbero stati assegnati, regione per regione, mediante un recupero proporzionale ai migliori perdenti di ciascun partito (ossia con il sistema dei collegi uninominali proporzionali). È in questa legge elettorale che nasce lo scorporo (o più precisamente lo "scorporo totale"): con questo termine tecnico si intende il meccanismo per cui i voti della lista vincente in un collegio (con una percentuale superiore al 65%) non contano ai fini del recupero proporzionale, mentre quelli dei partiti perdenti vengono, per l'appunto, recuperati. Di fatto, nei rarissimi casi in cui un partito arrivava al traguardo del 65% in alcuni collegi regionali, nella ripartizione proporzionale dei seggi rimanenti gli altri partiti godevano di un piccolo premio "di minoranza" implicito. D'altra parte, la vittoria nel collegio uninominale era un'eventualità talmente rara da non rivestire grande importanza, e lo scorporo fu ignorato per molti anni.
"La cifra elettorale di ogni gruppo di candidati e' data dal totale dei voti validi ottenuti dai candidati del gruppo stesso, presentatisi nei collegi peri quali non e' avvenuta la proclamazione a termini dell'art. 17".
(art. 19 comma 2, che descrive il meccanismo dello scorporo)
Il testo originale della Costituzione prevedeva per il Senato (oltre che per la Camera) un numero di seggi elettivi variabile a seconda della popolazione (in ciascuna regione, un senatore per 200.000 abitanti o per frazione maggiore di 100.000). Nel 1948, vennero calcolati 237 senatori, e vennero così costituiti 237 collegi uninominali; ma erano anni di boom demografico, e col passare del tempo il numero dei senatori crebbe, senza che però venissero istituiti nuovi collegi uninominali (neanche nel 1963, quando il numero dei senatori elettivi fu definitivamente fissato a 315); l'unica eccezione fu quella del Friuli-Venezia Giulia, nel quale, dopo l'entrata in vigore dello statuto speciale, i collegi dovettero necessariamente essere ridisegnati (Legge 14 febbraio 1963, n. 55) per assicurare il diritto di voto anche ai cittadini della zona A del Territorio Libero di Trieste, de facto annessa all'Italia fin dal 1954.

Dato che nel frattempo il numero dei collegi attribuiti al Friuli-Venezia Giulia era passato da 6 a 7, il numero totale dei collegi crebbe da 237 a 238, e tale rimase fino al 1993: i 77 seggi rimanenti, pari a circa il 25%, potevano essere assegnati soltanto come recupero proporzionale; il che non faceva grande differenza, dato che anche i 238 seggi collegati ai collegi uninominali venivano quasi sempre attribuiti con il recupero proporzionale. Tuttavia questo dettaglio, insieme al meccanismo dello scorporo, sarebbe stato destinato ad assumere maggiore importanza dopo il referendum del 1993.

Un esempio: l'elezione senatoriale 1992 in Trentino-Alto Adige

Per illustrare meglio il funzionamento della legge elettorale del Senato del 1948, prendiamo come esempio le elezioni del Senato del 1992 in Trentino-Alto Adige, l'unica regione italiana che in quell'occasione elesse alcuni senatori anche con il metodo del collegio uninominale maggioritario, oltre che con il recupero proporzionale.

In Trentino-Alto Adige si assegnano 7 seggi senatoriali. Tuttavia, nel 1992 erano costituiti soltanto i 6 collegi uninominali stabiliti nel 1948: ciò significa che il settimo seggio poteva essere attribuito soltanto in fase di recupero proporzionale.

Nella prima fase, vengono determinati i seggi assegnati con l'uninominale maggioritario. La seguente tabella riassume i risultati del voto collegio per collegio (si noti che molte liste presentavano lo stesso candidato in più collegi, e che il numero di voti validi è molto variabile, andando dai 60.000 del collegio 3 a più del doppio nel collegio 1: un effetto perverso della mancata revisione dei collegi in 44 anni di repubblica).


Roland Riz e Hans Rubner del SVP (evidenziati in colore verde) superano il quorum del 65% e risultano quindi automaticamente eletti. Rimangono ora 5 seggi da assegnare con il recupero proporzionale: a tale scopo, applichiamo lo scorporo totale cancellando dalla tabella tutti i voti ricevuti dai candidati già eletti. Riordiniamo in base al nuovo totale regionale delle varie liste, ottenendo la tabella del proporzionale.


Per assegnare il recupero proporzionale, dobbiamo conoscere l'ordine di lista dei candidati dei vari partiti: esso è stabilito sulla base delle percentuali prese da ciascun candidato nel suo collegio. Ad esempio Robol, con il suo 37,06%, avrà un posto nella lista DC migliore di Andreatta, che ha ricevuto soltanto il 36,46% (nonostante il numero di voti ricevuti da Andreatta sia superiore). In questo modo componiamo dunque le liste regionali come nella seguente tabella.


Per decidere a chi assegnare i 5 seggi proporzionali, si applica il metodo delle divisioni successive di D'Hondt: il numero di voti ricevuti nell'intera regione da ogni partito (tolto lo scorporo!) viene diviso per 1, 2, ..., 5 e i risultati vengono composti in una tabella; poi si evidenziano i 5 maggiori valori della tabella: a ciascuna cella evidenziata corrisponde un seggio per il relativo partito.


Con il recupero proporzionale, l'SVP sale a 3 seggi eleggendo anche Ferrari. La DC ottiene 2 seggi (Postal, Robol). Seguono, con un seggio a testa, Lega (Boso) e PSI (Anesi).

Nonostante in Trentino-Alto Adige 2 seggi su 7 siano stati attribuiti con il maggioritario, anche grazie allo scorporo totale la ripartizione dei seggi è essenzialmente proporzionale: se tutti e 7 i seggi fossero stati attribuiti con il metodo proporzionale di D'Hondt, saltando il passaggio dell'uninominale maggioritario e dello scorporo, il risultato sarebbe stato esattamente lo stesso.