Il referendum per il maggioritario

"Senza l’invenzione di un emendamento, apparentemente insignificante, ad una legge nota con il nome del suo promotore, Nicola Mancino, e senza l’opera ostinata e caparbia, durata quasi un anno, per farla approvare dal Parlamento ben due volte a causa del suo rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, il quesito del referendum sul Senato non sarebbe stato dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale"
(Giuseppe Calderisi)

Come abbiamo visto nell'articolo dedicato alla legge elettorale per il Senato del 1948, l'Assemblea Costituente, contravvenendo all'impegno che essa stessa aveva assunto, stabilì che i senatori dovevano essere eletti con una normativa basata formalmente sul collegio uninominale, ma di fatto completamente proporzionale. Il mezzo tecnico prescelto era quello di un sistema in prima istanza maggioritario, ma soltanto a condizione di superare l'assurdo quorum del 65%.

La doppiezza di questa legge era tale però da aprire la porta a una correzione referendaria: sarebbe bastato, in fin dei conti, abrogare il quorum per assicurare che in ogni collegio fosse eletto il candidato di maggioranza relativa. Un primo tentativo, in tal senso, fu fatto nel 1990-91: la Corte Costituzionale respinse però la prima formulazione del quesito per mancanza di chiarezza e omogeneità. I comitati referendari ci riprovarono l'anno successivo e questa volta il quesito fu accettato.

Il referendum si tenne poi il 18 aprile 1993, in piena Tangentopoli. La partecipazione fu ampia, con un'affluenza del 77%, ma fu la divisione dei voti validi a fare la Storia: l'uninominale maggioritario fu approvato in modo nettissimo, con un 82,7% di elettori favorevoli.

Anche se il risultato del referendum fu così ampio, dando voce alla grande voglia dei cittadini italiani di superare un sistema politico paludoso, autoreferenziale, e ormai anacronistico, non dobbiamo dimenticare che, se le cose fossero rimaste come nel 1991, quando la Corte Costituzionale aveva bocciato il quesito, questa consultazione non si sarebbe mai tenuta. Cos'era successo tra il 1991 e il 1993?

Era successo che il Parlamento aveva approvato una modesta leggina (Legge Mancino, n. 33 del 1992) con lo scopo dichiarato di calcolare il quorum del 65% non sui votanti, ma sui voti validi. Alcuni parlamentari, tra cui Giuseppe Calderisi, appoggiando in segreto l'iniziativa referendaria, riuscirono in quest'occasione a far passare una riformulazione del testo di legge, formalmente cosmetica.


Legge in vigore fino al 12-2-1992 Testo iniziale del Ddl Mancino Legge in vigore dal 13-2-1992
"Il presidente dell'Ufficio elettorale circoscrizionale, in conformita' dei risultati accertati, proclama eletto il candidato che ha ottenuto un numero di voti validi non inferiore al 65 per cento dei votanti." "Il presidente dell'Ufficio elettorale circoscrizionale, in conformita' dei risultati accertati, proclama eletto il candidato che ha ottenuto un numero di voti validi non inferiore al 65 per cento dei voti validi." "Il presidente dell'ufficio elettorale circoscrizionale, in conformita' dei risultati accertati, proclama eletto il candidato che ha ottenuto il maggior numero dei voti validi espressi nel collegio, comunque non inferiore al 65 per cento del loro totale."


Ma per i referendum abrogativi, una modifica formale ha effetti sostanziali. Grazie all'emendamento, la chirurgia referendaria necessaria a trasformare il proporzionale in maggioritario veniva notevolmente semplificata. La più grande riforma istituzionale italiana, introdotta da un referendum che ebbe una partecipazione grandissima e un risultato schiacciante, la dobbiamo a un sistema politico decotto, al caos di Tangentopoli, e a un sotterfugio parlamentare. Nell'Italia del proporzionale, le cose andavano così: sarebbe bene ricordarselo, prima di rinunciare al maggioritario.

La storia del referendum che abrogò il meccanismo proporzionale e aprì la strada alla cosiddetta Seconda Repubblica in realtà è ancora più rocambolesca: i dettagli, che danno anche un quadro sconfortante della guerra di posizione parlamentare dell'era proporzionale, possono essere letti in un articolo di Calderisi per Epoca.

Dato che nel 1993, per le ragioni già esposte, un quarto dei seggi del Senato rimanevano non assegnati ad alcun collegio, dal referendum risultò un sistema misto, maggioritario per tre quarti, integrato da un recupero proporzionale pari al 25% dei seggi, con il meccanismo dello scorporo. In teoria, sarebbe stato più conforme allo spirito della legge procedere al ridisegno dei collegi, in modo da eliminare del tutto il recupero proporzionale, ma gli equilibri politici rendevano impossibile eliminare quest'ultimo brandello di proporzionale.

D'altra parte la normativa uscita dal referendum, ancorché autoapplicativa, aveva un difetto evidente: dato che la popolazione italiana non era cresciuta in modo uniforme, il recupero proporzionale non veniva attribuito in tutte le regioni, ma soltanto in alcune. La necessità di uniformare i meccanismi utilizzati nelle diverse regioni, unita a quella di un'armonizzazione della legge elettorale della Camera (allora ancora eletta con il proporzionale classico) avrebbe dato origine al sistema noto come Mattarellum.

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