mercoledì 7 dicembre 2016

Il tempo delle meline

Con la crisi di governo di oggi, si apre un nuovo capitolo della storia politica italiana; e quando dico "nuovo", intendo "vecchio": da oggi il partito di maggioranza relativa torna ad essere, come nella prima repubblica, soltanto primus inter pares, e il potere politico una torta di cui ognuno può tagliarsi una fetta.

Come ci ha insegnato il fumetto di Spiderman, potere e responsabilità vanno di pari passo: a partire da oggi, i grandi partiti dovranno condividere il potere con altri soggetti molto più di quanto non abbiano fatto negli ultimi 20 anni, e questo sarà per loro motivo di dispiacere; ma potranno consolarsi ampiamente condividendo con gli altri anche le responsabilità politiche (e una responsabilità condivisa, diffusa, è qualcosa di pericolosamente vicino all'irresponsabilità totale).

C'è una prima decisione da prendere subito: proseguire la legislatura, riprendendo la discussione sulle riforme che ormai dovrà ripartire dall'inizio; o ridare la parola agli elettori, votando subito dopo che la Consulta si sarà espressa sull'Italicum? Questa decisione, si dice nel Partito Democratico, ormai non spetta più al partito di maggioranza relativa, ma ai partiti rappresentati in Parlamento nel loro complesso. Una posizione che mette insieme diversi aspetti:
  1. Il Pd è uscito sconfitto dal referendum, ma ne ha capito benissimo il senso: gli italiani si sono opposti al governo di un solo partito. E allora, il prossimo governo dovrà essere espressione di una coalizione molto ampia.
  2. Le riforme istituzionali proposte dal Pd sono state respinte, quindi necessariamente non può più essere soltanto il Pd a farsi carico di questo tema.
  3. La necessità di dotarsi di nuove leggi elettorali, che il presidente Mattarella rappresenterà ai partiti nei prossimi giorni, si scontra con la dura realtà: i partiti che fanno governi per un mero "senso di responsabilità", nelle urne pagano poi un prezzo altissimo, come sappiamo dall'esperienza del governo Monti. Non ci si può aspettare che il Pd (oggettivamente la forza politica che più avrebbe da perdere da un governo di responsabilità nazionale) si suicidi una seconda volta.
  4. Richiedendo la partecipazione di tutti alla decisione, il Pd intende svelare le contraddizioni delle forze politiche che hanno sostenuto il No al referendum costituzionale, e l'impossibilità di raggiungere un consenso su un'altra soluzione.
Quest'ultimo punto, evidentemente, è il tentativo di consumare una piccola vendetta. Soltanto un tentativo, però, dal momento che la necessità spesso apre a scenari imprevedibili, e non è da escludersi che il Parlamento possa trovare un qualche accordo.

Al momento, però, con il M5S ormai sostenitore dell'Italicum e del voto in tempi brevi, Forza Italia e partiti minori per il proporzionale, la Lega che chiede il voto immediato, e il Pd battuto che non ha né la forza né la voglia di esprimersi (anche data la cospicua presenza di dissidenti) e rimane a guardare alla finestra, non si vede come possa formarsi un governo di ampia condivisione. Ci aspetta un lungo periodo di melina, che durerà fino alla sentenza sull'Italicum.

E poi? Se la Corte Costituzionale dovesse abrogare il premio di maggioranza dell'Italicum, le ragioni per un proseguimento della legislatura rimarrebbero obiettivamente poche e lo stesso Mattarella non potrebbe non tener conto dell'abulia del Parlamento e del risultato del referendum, e dovrebbe quindi acconciarsi a sciogliere le camere. In caso di conferma dell'Italicum, invece, ci troveremmo di fronte a una situazione clamorosa: la richiesta del M5S di estendere il meccanismo del premio e del ballottaggio anche al Senato, una volta ottenuto il bollino di legittimità dai giudici costituzionali, acquisterebbe maggior forza, e chiunque volesse opporsi verrebbe facilmente accusato (con qualche ragione) di voler impedire una vittoria grillina. Anche se l'applicazione del meccanismo dell'Italicum al Senato è oggettivamente difficile (come abbiamo raccontato lunedì scorso) appellarsi a questo tecnicismo per escludere un'estensione dell'Italicum alla camera alta potrebbe rivelarsi un terribile autogol.