lunedì 26 giugno 2017

Oltre Renzi

Interrompo il mio commento a puntate della sentenza di incostituzionalità dell'Italicum per occuparmi brevemente dell'attualità politica. Dopo un'istruttoria durata anni, si è ufficialmente aperto il processo a Renzi. Organi di informazione e reti sociali ospitano per la maggior parte esponenti dell'accusa, ma anche gli avvocati della difesa non sono pochi. Con tutto quello che ci sarebbe da cambiare in Italia, passiamo il tempo a chiederci se sia il caso di cambiare Renzi; ma c'è poco da sorprendersi: non è certo la prima volta che la politica italiana, dal capo del governo all'ultimo elettore, si guarda l'ombelico.

E noi riformisti, dove siamo? È naturale che alcuni di noi siano scontenti di alcuni aspetti della parabola politica di Renzi e che in altri prevalga la riconoscenza per ciò che ha fatto; ciononostante, un riformista adulto ha il dovere di non prestarsi a questo teatrino.

Renzi sta commettendo troppi errori?

I riformisti critici ritengono che se Renzi avesse preso decisioni diverse avrebbe potuto evitare le ultime sconfitte. È un classico argomento preso dal catalogo del "senno del poi". Se Renzi avesse preso decisioni diverse, chissà se ci sarebbero mai stati la riduzione dell'Irpef o il Jobs act; il referendum costituzionale non lo avrebbe perso perché forse non ci sarebbe mai stata una riforma. Infatti, a pensarci bene, se Renzi avesse preso decisioni diverse è probabile che non sarebbe mai diventato premier.

Da Tangentopoli a oggi ho visto tanti tentativi di riformismo; altri tentativi, precedenti, me li hanno raccontati. In ognuna di queste esperienze si sono fatti errori che la volta successiva si è cercato di evitare. Ecco dunque il problema del "senno del poi": anche ammesso che dica correttamente dove si è sbagliato, non ci spiega mai quale sarebbe stata la strada giusta.

Meglio dunque accettare che qualunque esperienza politica è costellata di errori, e valorizzare ciò che si riesce a raccogliere nonostante gli errori commessi: non poco, in questo caso.

Renzi è, ancora oggi l'unico che può cambiare l'Italia?

Ci sono ancora degli entusiasti di Renzi, che lo considerano l'unico ancora in grado di cambiare l'Italia.
Però, è molto probabile che si sbaglino. Renzi non può più cambiare l'Italia, esattamente come non possono riuscirci i suoi avversari. Infatti, persino un improbabile Macron italiano, cosa potrebbe mai fare in un sistema politico-istituzionale liquefatto come il nostro? In Francia un leader politico può formare intorno a sé un partito nel giro di pochi mesi, ottenere un discreto 24% al primo turno delle elezioni presidenziali, e trasformarlo in un'ampia maggioranza monocolore nel giro di un mese e mezzo. In Italia, per ottenere lo stesso risultato, sarebbe necessario raccogliere come minimo il 45% dei voti nell'unico turno di elezioni politiche, sia alla Camera sia al Senato, il che è impensabile per un outsider, ma proibitivo anche per partiti radicati.

Siamo seri: è un miracolo che non può compiere nessuno, e neanche Renzi che oggi, a differenza che nel 2014, è zavorrato da un dissenso sulla sua persona che non cesserà, qualunque cosa accada.

Abbiamo bisogno di Renzi? Abbiamo bisogno del Pd?

Mettiamoci l'anima in pace: il proporzionale in Italia resterà ancora a lungo.
E con il proporzionale, sprecare le proprie forze litigando su chi debba essere il leader non ha senso.
Io sono ancora più radicale e sono convinto che arrivati a questo punto, sia il Pd stesso, per come è stato pensato, a non avere più senso. Il Pd è un partito pensato per elezioni in cui la competizione è tra alternative di governo: l'unica cosa certa delle prossime elezioni, invece, è che nessuno potrà governare senza dover mediare con un'ampia coalizione di partiti che hanno fatto ai propri elettori promesse anche molto diverse fra loro.

Ci vuole un po' di cinismo, ma la lezione che dobbiamo trarre è che, in vista delle prossime elezioni politiche, il Pd non è il miglior veicolo possibile per le idee riformiste. E Renzi, che è stato il migliore interprete delle nostre idee nell'ultima fase della cosiddetta seconda repubblica, non potrà avere lo stesso ruolo nella prossima legislatura.

È molto probabile che la cosa migliore, per il partito del Sì, sia collocarsi nella sua posizione naturale, al centro della scena politica, che è anche il luogo in cui le sue idee possono essere più efficaci.
Il proporzionale, per l'Italia, è una tragedia, ma noi abbiamo la possibilità di trasformarlo in opportunità.

Per farlo, però, dobbiamo emanciparci da Renzi, dal Pd, e unirci a quegli italiani che hanno votato Sì al referendum costituzionale pur provenendo da esperienze politiche diverse. Oltre Renzi e oltre il Pd per salvare ciò che di buono abbiamo costruito in questi anni.

Ci sarà qualcuno in grado di prendere questa difficile decisione, e cambiare il nostro futuro politico? O dovremo rassegnarci a vedere le prossime elezioni trasformate in un noioso e inutilissimo verdetto popolare su Renzi?

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