martedì 20 febbraio 2018

Il voto non è un sacrificio rituale

Negli anni '70 e '80, gli anni della spesa sregolata, hanno origine la maggior parte delle nostre disgrazie attuali; negli anni '90 ci si è messa una pezza, ammazzando però la competitività delle nostre imprese e condannando un'intera generazione al precariato; e le conseguenze degli anni 2000, che ci hanno regalato esperienze oggettivamente cattive come quelle del secondo Prodi (che si resse per due anni su un solo voto di maggioranza, riuscendo dunque a combinare ben poco) e di tre governi Berlusconi (conclusisi a un passo dal baratro nel 2011) le ricordiamo tutti.

Per dirla in breve, in Italia, di cattivi governi ne abbiamo avuti tanti. Per quanto si fosse governato male, però, non c'è mai stata una dissoluzione totale del sostegno al governo uscente.

La XVII legislatura, quella che si è appena conclusa, è arrivata al termine del quarantennio micidiale descritto poc'anzi. Pur dopo un inizio rocambolesco, si è poi consolidata sotto la guida del Pd, che ne riassume il bilancio in questo spot elettorale:


Propaganda, certo, ma nel senso buono del termine. Chi volesse fare un confronto serio con il quarantennio precedente, non potrebbe negare, a meno di arrampicarsi sui vetri, che stavolta si è fatto meglio. Paradossalmente, però, l'accanimento nei confronti del Pd che ha retto le sorti di questa positiva legislatura è qualcosa di mai sperimentato. E non manca chi rovescia la logica: se il Pd è così criticato e perderà le elezioni, vuol dire che ha governato male, e per rivotarlo bisogna "turarsi il naso".

Non fatevi fregare: il voto, il giudizio su una legislatura, di rado è razionale e molto più spesso è umorale. Decisamente umorale e irrazionale è l'analisi di Luca Sofri che, alla ricerca di una ragione per non votare Pd, la trova così:

C’è infatti un’altra possibile motivazione nella scelta di voto di cui penso valga la pena tenere conto, e che ha maggiore nobiltà e lungimiranza di quelle descritte: e ne ha almeno quanto quella principale di dare al paese un miglior parlamento e un miglior governo, domani. Ed è quella di darglielo dopodomani.

L'affermazione sopra riportata è espressa con banalità e noncuranza, per farla apparire ovvia, ma in realtà è un nonsenso. Non c'è infatti ragione di credere che, rifiutando di dare al paese un miglior parlamento domani, riusciremo a dargliene uno ancora migliore dopodomani. Forse Sofri si ispira ai sacrifici rituali degli antichi, che credevano che l'agonia della vittima placasse il dio ostile e lo rendesse magnanimo. Pensiero magico, insomma, non razionalità.


Continua Sofri:

sono decenni che scelte che non sono solo opinabili, ma del tutto assurde e prive di valore e logica, vengono compiute e affibbiate agli elettori per poi chiedere loro di avallarle “perché se no vincono gli altri”.

L'oggetto di tanta rabbia sono le liste elettorali. Ci sono buone ragioni per ritenere che alcuni candidati del Pd non siano validi, così come altri sono invece molto validi, ma se sono decenni che le liste sono imperfette, perché dovremmo riservare un trattamento peggiore che in passato proprio all'esperienza politica migliore dei tempi recenti? Il 4 marzo non si fanno i conti con decenni di cattive liste elettorali: si dà invece il giudizio su una legislatura che ha realizzato tanto, ed è venuta dopo decenni di vacche magre.

C'è chi dice che se puniamo chi ha reso possibile questa legislatura, ne avremo una ancora migliore. Invece, tutto lascia pensare che ne avremo una molto peggiore. Caro Luca, se rinunciamo a dare al paese il miglior parlamento possibile, quando si rivoterà saremo molto più disperati, e quindi molto più disponibili a "turarci il naso" anche di fronte ad un'offerta politica peggiore di quella attuale. Contrariamente a quello che dici, non è antidemocratico richiamare gli elettori alle proprie responsabilità: democrazia significa potere del popolo, e il potere è responsabilità.

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