mercoledì 3 febbraio 2016

Le istituzioni di garanzia nella Riforma

Sta circolando su Twitter una grafica prodotta dal sito web www.lacostituzione.it, che da oltre 10 anni si batte per salvaguardare la Costituzione italiana da qualunque riforma, contenente informazioni non accurate. Per la verità l'autore della grafica ha riconosciuto l'errore e si è anche speso per bloccarne la diffusione (chapeau) ma come è noto una volta che la macchina della bufala è in moto è praticamente impossibile fermarla.

Per questo cogliamo l'occasione per correggere la grafica e contemporaneamente porre l'attenzione su un tema importante in una democrazia maggioritaria: quello delle istituzioni di garanzia.

Come sappiamo, con il referendum del 1993 l'Italia ha deciso di abbandonare il modello politico consensuale con cui era stata governata dalla proclamazione della repubblica, passando da una legge elettorale proporzionale a una maggioritaria. Benché a nostro avviso quella scelta sia stata positiva, è indubbio che la Costituzione sia stata scritta avendo in mente una legge elettorale proporzionale.

Per questo non è previsto uno "statuto dell'opposizione" parlamentare, mentre il quorum relativo all'elezione del Presidente della Repubblica scende fino al 50%+1 dei componenti delle Camere riunite, facilitando quindi l'elezione di un presidente di parte, come poi di fatto è accaduto nel 2006.

La riforma che abolisce il bicameralismo paritario introduce maggiori garanzie per l'opposizione. E' sorprendente leggere che secondo qualcuno d'ora in poi chi vince le elezioni prenderà tutto. E' vero il contrario: grazie alla riforma le garanzie vengono rafforzate.



Se da un lato è vero che chi vince le elezioni controllerà le istituzioni che esprimono l'indirizzo politico (Governo e presidenza delle commissioni parlamentari ordinarie -- queste ultime in assenza di accordi specifici con l'opposizione), il vincitore delle elezioni non potrà eleggere da solo il Presidente della Repubblica, i componenti laici del Consiglio Superiore della Magistratura, o i giudici costituzionali.

Consiglio Superiore della Magistratura
La legge prevede, per l'elezione dei componenti laici del CSM, un quorum del 60% dei voti espressi dal Parlamento in seduta comune. Questo quorum non cambia ed è dunque irraggiungibile da chi dispone del 54% dei seggi della sola Camera dei Deputati.
Anzi, dato che il nuovo Senato è eletto da una base elettorale diversa da quella della Camera dei Deputati e con una legge tendenzialmente proporzionale, sarà ancora più difficile per il partito di maggioranza raggiungere il quorum.

Corte Costituzionale
Discorso simile per i giudici costituzionali di nomina parlamentare. Qui il quorum è addirittura del 60% dei componenti (ben al di sopra dei numeri di cui dispone la maggioranza), ma con una variante: dopo la riforma, i giudici saranno eletti separatamente da Camera e Senato, nel numero di 3 per la prima e 2 per il secondo. Se dunque nella Camera dei Deputati al partito di maggioranza mancano 38 deputati per eleggere i giudici costituzionali, al Senato quel partito potrebbe non avere neanche la maggioranza relativa -- figuriamoci quella del 60%!

Presidente della Repubblica
Benché non sia affatto scontato che il partito che ha vinto le elezioni abbia la maggioranza assoluta dei voti del Parlamento in seduta comune (servono un minimo di 26 senatori), si è ritenuto che l'attuale quorum non garantisse sufficientemente la minoranza. Con la riforma, per eleggere il Presidente della Repubblica occorreranno gli stessi voti che servono per eleggere i membri laici del CSM: non sarà dunque più possibile l'elezione a maggioranza, come capitò nel 2006.

Statuto dell'opposizione, referendum
Non è tutto: la riforma introduce lo statuto dell'opposizione, che stabilirà ulteriori forme di tutela dell'opposizione e di partecipazione agli organismi parlamentari da parte della stessa. Viene inoltre rafforzato lo strumento del referendum abrogativo grazie a un quorum ridotto che scatta qualora vengano raccolte 800.000 firme per l'abrogazione di una disposizione di legge.

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